I volontari dell’Opera Esercizi Spirituali iniziarono a condividere la ricchezza della spiritualità ignaziana riscoperta offrendo ai preti la possibilità di fare gli esercizi ignaziani in loco. Constatarono però che molti di loro allora li vivevano con le difficoltà di modalità e atteggiamenti ancora legati al pre-concilio, ed erano a disagio nell’ascolto “a tu per tu” della Parola di Dio. I volontari ne presero consapevolezza e capirono che il Signore chiedeva di rivolgersi ai laici, paradossalmente terreno più fecondo e pronto a vivere quest’ascolto.
Il primo gruppo cui pensarono furono allora le persone con disabilità. Alcuni di questi volontari accompagnavano i disabili a Lourdes, quando ancora quel viaggio era per tanti di loro una delle poche occasioni di uscire di casa. Accompagnandoli e vivendo insieme a loro nei lunghi viaggi dei celebri “treni bianchi”, si accorsero che queste persone vivevano lunghi periodi in silenzio e da soli. Avendo scoperto, nell’ascolto in preghiera della parola di Dio, un modo di dare a quel silenzio la ricchezza della consapevolezza di una presenza, com’è quella di Dio, che illumina e trasforma la vita in tutti i suoi aspetti, ben presto pensarono di condividere questa ricchezza con loro. Iniziarono dagli otto giorni di silenzio iniziali, durante i quali persone con e senza disabilità pregavano insieme, facendo preghiera di ascolto silenzioso sulla Scrittura in due quando c’era qualcuno che non sapeva leggere o non vedeva. Ma, anche, oltre a pregare condividevano tutta la vita di quei giorni: dallo stare in camera agli spostamenti e ai pasti, aiutando ovviamente chi era disabile per tutto ciò che non riusciva a fare da solo. Nel tempo il ritiro di otto giorni tutti di seguito è diventato tre (poi quattro) incontri di tre giorni ciascuno (oggi dal venerdì alla domenica) nel corso dell’anno, e il silenzio stretto ha fatto spazio anche ai gruppi in cui la preghiera personale e la sua luce sulla vita di tutti i giorni vengono condivise con le parole. E da qualche anno, precisamente da dopo il covid, abbiamo fatto sì che negli incontri di gruppo alla condivisione con le parole segua quella attraverso la costruzione di simboli, che spieghino e illustrino quanto detto e ascoltato, a beneficio della vita “normale” che ci attende una volta rientrati a casa. Il tutto conservando la vita insieme e l’aiuto reciproco, che permette di scoprire il tesoro che è, per noi e per il nostro prossimo, l’esistenza personale di ciascuno, con i suoi pregi e i suoi limiti o difficoltà. Vita insieme che trascorre nella preghiera e nella condivisione della preghiera stessa, ma anche dei pasti, del sonno con le operazioni di vita più elementari durante il tempo trascorso insieme in camera, sia nei momenti di festa e di pausa.
È il primo dei gruppi di preghiera insieme, in stile esercizi, che ha ripreso a ritrovarsi dopo il covid, segno di una condivisione che ha conservato viva la comunione anche fra le barriere e la povertà di vita insieme “da reclusi” imposteci dalla pandemia. Pur conservando qualche momento di “contatti on line”, la ricchezza sperimentata nel dialogo condiviso “a tu per tu” con Dio non si è “spenta” né è rimasta “intrappolata” nei mezzi di comunicazione tecnologica. Tant’è che, appena il lock-down si è attenuato, subito abbiamo ripreso prima gli incontri di mezza giornata (ancorché mascherati) e poi, nel 2022, gli incontri residenziali di più giorni. Ciò pur essendo la disabilità di per sé elemento di fragilità e quindi di maggiore esposizione a rischio.
Il tesoro del silenzio, che non è solitudine ma possibilità di incontrare Chi ci vuol bene e ci rispetta senza “rubare la nostra attenzione” (e il nostro tempo), si è rivelato certamente capace di sostenerci nelle difficoltà della pandemia. Ci ha anche aiutati nell’imparare a vivere correttamente l’uso dei mezzi di comunicazione tecnologici. Ma, forse soprattutto, ci ha fatto crescere nella capacità di ascolto reciproco e di servizio e dono di noi stessi. E questo non solo per permettere la vita “normale” e l’amicizia, già beni preziosi; ma anche nell’essere sempre di più “luce del mondo e sale della terra”, e nell’imparare a ringraziare Dio per esserlo nelle cose e scelte della nostra vita. E ancora, e non da ultimo, nel riconoscere anche negli altri, a iniziare da chi ci è più vicino nella nostra quotidianità, la luce e il sale, che dà sapore alla vita insieme.